Vittorio SgarbiVittorio Sgarbi

Parla il presidente della Società italiana di psichiatria

“Anche una persona iperattiva come Vittorio Sgarbi può cadere nella depressione, rifiutarsi di vivere e lasciarsi andare. Ecco, occorre fare in modo che superi questo momento difficile e delicato. Cure farmacologiche e affetto dei familiari sono fondamentali”. Il critico d’arte è ricoverato al Gemelli e non vuole mangiare.

Lo afferma all’Adnkronos Claudio Mencacci, past president della Società italiana di psichiatria (Sip) e co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologia (Sinpf) intervenendo sulla sindrome depressiva che da tempo affligge Vittorio Sgarbi e per la quale da giorni è ricoverato al policlinico Gemelli.

Claudio Mencacci: ‘Anche una persona iperattiva come Sgarbi può cadere in depressione’

Il critico d’arte, politico e personaggio televisivo, sotto monitoraggio costante nel nosocomio romano, rifiuta di alimentarsi. “Ci sono depressioni particolarmente gravi – spiega Mencacci – in cui fanno la loro comparsa anedonia e apatia, il desiderio di vivere si assottiglia e l’aiuto che arriva dall’esterno diventa ‘un fastidio’. Queste forme spesso si accompagnano ad altre malattie, soprattutto cardiovascolari. Adesso occorre capire se Sgarbi ha anche altri problemi di salute che aggravano la sua condizione fisica e psichica” – ha aggiunto lo psichiatra.

“La mia attuale malinconia o depressione – ha raccontato il critico d’arte in una recente intervista – è una condizione morale e fisica che non posso evitare. Come abbiamo il corpo, così esistono anche le ombre della mente, dei pensieri, fantasmi che sono con noi e che non posso allontanare”.

‘Fondamentali vicinanza e affetto’

A causa della depressione “anche un uomo dai mille interessi come Sgarbi può chiudersi in se stesso e rifiutare stimoli e aiuti che arrivano dall’esterno – osserva Mencacci – Tuttavia, è molto importante che familiari e amici gli stiano accanto per sostenerlo, supportarlo con vicinanza e affetto”. Per l’esperto “Ora deve proseguire le cure”. Certo “occorre anche avere un quadro preciso delle sue condizioni di salute, vista l’età”, conclude.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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