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Presidenziali Usa: Trump esulta con Hulk Hogan, ko le star di Hollywood di Kamala Harris

Quando la politica diventa spettacolo, lo spettacolo si fa politico. In un duello senza esclusioni di colpi a fare breccia sono stati i ‘muscoli’, quelli ancora tonici del settantenne Hulk Hogan o di un eroe del football americano come la stella Tom Brady.

Nel duello Trump – Harris, i ‘muscoli’ di Hulk Hogan e Tom Brady prevalgono sugli appelli delle star di Hollywood

Se la corsa alla Casa Bianca è un ring o meglio un campo dove è lecito alzare il livello dello scontro ai massimi livelli, nel gioco degli endorsement la squadra fatta di star hollywoodiane e icone della musica che appoggiavano la democratica Kamal Harris esce con le ossa rotte . Nessuna spinta, anzi quasi un effetto ‘boomerang’. L’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, il 47mo della storia, arriva dopo una partita che ha diviso gli americani come mai prima e soprattutto ha schierato quello che per i media Usa è stato definito “il più grande movimento politico di Hollywood” dai tempi di Obama”.

Attori e cantanti si sono mobilitati in questi mesi per il voto del 5 novembre e la maggior parte si è schierata dalla parte dell’attuale vicepresidente che ha cercato di sfruttare al massimo l’effetto traino di popstar come Taylor Swift, Beyoncé,  Cardi B, Lady Gaga e Bruce Springsteen, ‘mostri sacri’ come Di Caprio, De Niro, Meryl Streep e Spike Lee. Frasi come “per più della metà della vita di questo Paese, le donne non hanno avuto voce. Ma adesso saranno parte del prendere questa decisione” pronunciata da Lady Gaga o come “Trump è il candidato alla presidenza più pericoloso della mia vita” di ‘ The Boss’, non hanno colpito nel segno. Per alcuni analisti e sondaggisti l”overdose’ di stelle non ha fatto altro che amplificare la distanza tra gli elettori e lo star system.

Da Taylor Swift a Leonardo Di Caprio, le star che si erano schierate con Kamala

Anche le icone del rap come Eminem non sono riuscite a convincere la maggior parte degli americani, così come non è stato capace di incidere l’icona del basket Nba, come LeBron James che sui propri canali social aveva manifestato tutta la sua preoccupazione: “Quando penso Ai miei figli e alla mia famiglia ea come cresceranno, la scelta mi è chiara. Chi è andato controcorrente e ha supportato apertamente il magnate non ha mancato di manifestare la propria esultanza come il cantante e discografico Kanye West subito pronto a pubblicare su Instagram lo slogan ‘America will be great Again’ e a mostrare il risultato elettorale sul proprio profilo.

Hulk Hogan nel postare, con la canottiera repubblicana di ordinanza, una foto insieme a Trump con il pollice alzato ha invitato all’unità, poche ore dopo l’esito del voto: “Che tu ci creda o no fratello siamo più simili che diversi. Questa stagione elettorale ha dimostrato quanto tutti teniamo a dove stiamo andando in questo Paese. Ora che ci sono i voti, ricordiamoci: non importa se sei democratico o repubblicano, siamo tutti veri americani È tempo di parlare con i nostri vicini e concentrarci su ciò che ci unisce Tutti amiamo questo paese, e tutti vogliamo costruire un futuro migliore”. Poi, postando una foto con la bandiera americana ha aggiunto: “Oggi, facciamo un passo avanti insieme, più uniti e più forti che mai. Il nostro lavoro è appena iniziato”.

Hulk Hogan: ‘Oggi facciamo un passo avanti insieme’

Hogan con i suoi comizi ne ha messi al tappeto tanti. La lista degli ‘sconfitti’ è lunga, da Will I Am, a The Roots, da Di Caprio a Schwarzenegger, passando per Mick Jagger, George Clooney, James Lee Curtis, Bon Jovi, Ariana Grande, Jennifer Lopez, Uma Thurman, Lizzo, Sigourney Weaver, Neil Young ed Harrison Ford. A presenziare spesso ai comizi di Trump il cantante Billy Ray Cyrus, Kid Rock, l’attore Zachary Levi (“Siamo qui per assicurarci di riprenderci questo Paese. Lo rendiamo di nuovo grande. Trump è l’ uomo che può portarci lì”) e Jim Caviezel, tornato al successo con Sound of Freedom, action movie parla di trafficanti di esseri umani in Colombia e sfruttamento di minori diventato manifesto di una parte della destra trumpiana. 

Redazione
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Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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