”Ho paura, non voglio tornare in carcere. So che succederà, perché è giusto che sia punita. Ma non merito una condanna così esemplare: io la bici non l’ho toccata. Non ho denunciato ed è una colpa che pesa come un macigno. Ma non posso pagare più di chi ha lanciato la bici”. Lo afferma, intervistata dal Corriere della Sera, Sara Cherici, condannata a Torino a 16 anni di carcere nell’ambito del processo per il ferimento dello studente palermitano Mauro Glorioso, colpito nel dicembre 2023 da una bicicletta scagliata da un ponte dei Murazzi del Po da un gruppo di cinque giovani.
Sara Cherici è stata condannata per non aver denunciato la persona che ha costretto Mauro Glorioso sulla sedia a rotelle
”Non c’è giorno che non pensi a lui, alla sua vita distrutta. Lì sotto poteva esserci chiunque, anche mia sorella – prosegue – Sono in terapia, è un percorso lungo e difficile. Ci sono ricordi che ho cancellato, forse per paura di affrontarli. Ma non mi sento colpevole del lancio, perché non sono stata io e non ho nemmeno rafforzato l’intento dei ragazzi. Non ho incitato nessuno, non ho detto ‘dai facciamolo, io guardo’. La mia colpa è quella di aver taciuto, ma avevo paura. Questo è un quartiere difficile – aggiunge – Qui ci chiamano infami, assassini. Minacciano di bruciarci la casa. Pensano che abbia ottenuto gli arresti domiciliari perché ho parlato, ma non è così. Non importa, per tutti siamo degli infami che se ne devono andare perché gli altri sono in carcere e io a casa. Ho paura per la mia famiglia”.
‘Non c’è giorno che non pensi a lui, non ho incitato nessuno’
La ragazza dopo la sentenza di condanna in tribunale ha avuto un malore. ”Mi aspettavo 8 o 9 anni. Quando ho visto arrivare i carabinieri poco prima dei giudici, pensavo mi avrebbero portato subito in carcere”. E sul futuro conclude: ”Vorrei fare l’educatrice e lavorare nel sociale in quartieri difficili come questo, in cui i giovani sono abbandonati. Penso che la mia esperienza possa essere un monito” – ha chiosato Sara Cherici.