Fabrizio Piscitelli ed Esteban CalderonFabrizio Piscitelli ed Esteban Calderon

La Corte d’Assise ha escluso l’aggravante mafioso

Carcere a vita per il killer di Fabrizio ‘Diabolik’ Piscitelli, l’ultras della Lazio ucciso a Roma in un agguato nell’agosto del 2019. É quanto hanno deciso i giudici della terza Corte d’Assise dopo oltre cinque ore di camera di consiglio.

Fabrizio Piscitelli, Raul Esteban Calderon condannato all’ergastolo

Ergastolo ma non aggravante del metodo mafioso per il cittadino argentino noto come Raul Esteban Calderon ma la cui vera identità, secondo quanto emerso nel corso del processo, è quella di Gustavo Aleandro Musumeci. Un blitz di morte messo in atto in pieno giorno, nel parco degli Acquedotti. Un agguato che secondo l’impianto della Distrettuale antimafia si sarebbe consumato nel perimetro di una guerra tra gruppi criminali per la gestione delle piazze di spaccio sul territorio della Capitale.

I giudici hanno, quindi, accolto la richiesta di condanna avanzata dai pm che nel corso della requisitoria hanno ricostruito la genesi e la dinamica di quanto avvenuto nell’estate di sei anni fa. Una azione compiuta, secondo l’accusa, “con metodo mafioso e con l’agevolazione di un gruppo criminale, nato dai contrasti tra associazioni organizzate”, hanno spiegato i pm Cascini, Palazzi e Ceraso definendo l’evento come uno “spartiacque”.

‘L’omicidio di Diabolik è un avviso ai naviganti’

Secondo l’accusa, Diabolik è stato punito perché aveva “esondato”: la sua morte è stata in sostanza un “avviso ai naviganti: una sanzione che doveva essere compresa da tutti”. Piscitelli “non era docile, si attendeva lui stesso come un capo – ha aggiunto l’accusa -. Piscitelli era tante cose, ha avuto una vita criminale accertata, trattava anche da mammasantissima la pace tra due consorterie mafiose”. Il killer ha “mostrato grande freddezza e professionalità” colpendolo “alle spalle con un solo colpo che coglie la vittima di sorpresa”.

Si tratta di un delitto “compiuto in pieno giorno, in un parco pubblico: in quel momento era presente tantissima gente, impegnata nelle attività più disparate”. a circuito chiuso “offre una prova importante, formidabile. Un’immagine piuttosto completa dal momento dell’esecuzione alla fuga del killer.

Un filmato che dice tante cose: un runner, atletico, alto, con una vistasa fasciatura sul polpaccio destro proprio lì dove Calderon ha un vistoso tatuaggio”. I pm di piazzale Clodio, nel corso della requisitoria, hanno citato anche una serie di testimonianze finite agli atti della indagine della Dda. In particolare le parole della ex di Calderon, Rina Bussone che collegata da un sito protetto nel settembre 2023 ha confermato davanti ai giudici le accuse nei confronti dell’imputato. “Lui mi disse ‘ho ammazzato Diabolik’.”

Si cercano i mandanti

Ma se per l’accusa il killer è l’autore materiale di un omicidio, i mandanti sono ancora in via di identificazione in un procedimento che è ancora al vaglio degli inquirenti. Lo stesso Calderon, nel corso del processo, ha fornito la sua versione dei fatti respingendo le accuse e dichiarandosi estraneo a quanto avvenuto.

In una memoria depositata nell’ottobre scorso l’imputato si è detto “addolorato” per la morte “del signor Piscitelli ” aggiungendo di sperare “che verrà fuori”. chi ha commesso questo bruttissimo delitto e paghi con la giustizia e verso la famiglia di Piscitelli , liberandomi di questa accusa che pesa su di me come un macigno, anche per la mia famiglia che sta vivendo una bruttissima esperienza”.

Per il mancato riconoscimento del metodo mafioso “sono un po’ delusa. Non sono un giudice, ma posso dire di essere delusa”. Lo ha detto la sorella di Fabrizio Piscitelli , a seguito della sentenza che ha condannato Raul Esteban Calderon all’ergastolo.  “Si fa una grande fatica in questa città a riconoscere il metodo mafioso, ma credo ci sia. Da questa aula bunker esco con uno spirito combattivo. Io non appartengo a questo mondo, e voglio giustizia per mio fratello, che forse doveva stare in carcere ma non in un’urna” – – ha aggiunto.

La delusione della sorella: ‘Si fa fatica a riconoscere il metodo mafioso’

“Quindi io combatterò come ho fatto finora insieme alla mia famiglia. Noi siamo qui a parlare oggi di questo individuo, ma qualcuno gli ha dato l’ordine di procedere, quindi noi aspettiamo, anche se i nomi sono abbastanza ricorrenti. Speriamo che ci siano sviluppi. Io confido molto negli inquirenti, e in particolare nei carabinieri, che hanno un altro passo, e sono sicuro che arriveranno a concludere questa indagine. Per non parlare dei magistrati Mi ritengo fortunata di aver avuto questi pubblici ministri”.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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