La confessione spontanea e il silenzio davanti al pm
Salvatore Calvaruso, 19 anni, è accusato di aver partecipato alla sanguinosa sparatoria di Monreale, che ha causato la morte di tre giovani e il ferimento di altri due. In un primo momento il ragazzo ha rilasciato una confessione spontanea ai carabinieri, ammettendo il suo coinvolgimento e fornendo alcuni dettagli cruciali: tra questi, il ritrovamento di un paio di occhiali da vista, che ha riconosciuto come propri.
Tuttavia, una volta di fronte al pubblico ministero, Calvaruso si è avvalso della facoltà di non rispondere, rendendo inutilizzabili le sue dichiarazioni spontanee ai fini processuali. Le vittime sono Salvatore Turdo, 23 anni, Massimo Pirozzo, 26 anni, e Andrea Miceli, 26 anni, deceduto in ospedale dopo un disperato tentativo di salvarlo.
Le prove contro di lui: video, testimoni e intercettazioni
Nonostante il suo silenzio, le prove raccolte contro Calvaruso sono numerose e schiaccianti. I video delle telecamere di sorveglianza presenti nei pressi del bar 365 di Monreale mostrano chiaramente le fasi della rissa e della successiva sparatoria scattata per un rimprovero (“Correte troppo”). A questo si aggiungono le dichiarazioni di più testimoni oculari, alcuni dei quali hanno riconosciuto il 19enne nelle foto mostrate dagli investigatori. Un amico ha raccontato di avergli prestato il motorino usato nella notte della tragedia e di aver ricevuto da lui, poche ore dopo, la richiesta di denunciarne il furto perché aveva “combinato un macello”, ammettendo di aver ucciso due persone (all’epoca non era ancora emersa la terza vittima).
L’inchiesta continua: si cercano i complici
La Procura di Palermo, coordinata dal procuratore Maurizio De Lucia, non si ferma. Secondo quanto emerge dal provvedimento di fermo firmato dal pm Felice De Benedittis, Calvaruso non avrebbe agito da solo: si cercano almeno tre o quattro complici che avrebbero preso parte alla sparatoria, esplodendo una ventina di colpi d’arma da fuoco. Gli inquirenti ipotizzano la presenza di almeno due armi distinte, e proseguono le indagini attraverso l’analisi di messaggi WhatsApp, intercettazioni telefoniche e testimonianze raccolte tra i presenti quella notte. L’obiettivo è identificare e assicurare alla giustizia tutti i membri del gruppo armato che ha trasformato una tranquilla serata in una strage.
Andrea Miceli ha salvato la fidanzata, la rabbia del papà
Straziato dal dolore, il papà di Andrea Miceli, deceduto per salvare la fidanzata (l’ha portata in un bar prima della raffica di proiettili), si è lasciato a un durissimo sfogo. “Aveva da poco preso parte alla festa per il compleanno della nipotina di tre anni. La mia vita è finita, chiedo giustizia. Che sia fatta o me la faccio. Ma quella seria o quella giusta, se esiste perché per me non esiste. Andrea era sceso sia per accompagnare la ragazza che per incontrare gli amici. Era un ragazzo d’oro, aveva la passione per il calcio. Ha salvato la ragazza”.
I cugini Andrea Miceli e Salvatore Turdo lavoravano come carpentieri nella ditta edile del padre di Andrea. Quest’ultimo giocava nella Real Pioppo, terza categoria palermitana. Massimo Pirozzo lavorava come fattorino ed era appassionato di mare e musica elettronica. Tra pochi giorni avrebbero portato in spalla la statua del Santissimo Crocifisso per la festa patronale di Monreale.