Una svolta storica per i medici di base
Dataroom di Milena Gabanelli ha potuto visionare in anteprima la bozza della riforma che trasformerà il rapporto tra i medici di famiglia e il Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Attualmente, i medici di medicina generale sono liberi professionisti pagati dallo Stato e possono organizzare il proprio lavoro in autonomia. Tuttavia, questa indipendenza ha spesso reso difficile l’attuazione di direttive sanitarie, come accaduto durante la pandemia di Covid-19 con i tamponi.
Se la riforma sarà approvata, i medici di base diventeranno dipendenti del SSN, come già avviene per gli ospedalieri. Questo cambiamento è considerato essenziale per il funzionamento delle 1.350 Case della Comunità, finanziate con i 2 miliardi del PNRR.
Le novità principali della riforma
Il documento di riforma, di 22 pagine e sostenuto dal ministro della Salute Orazio Schillaci e dalle Regioni, prevede modifiche significative. Ecco i tre punti chiave:
- Contratto di lavoro subordinato: i medici di medicina generale e i pediatri dovranno instaurare un rapporto di dipendenza con il SSN per migliorare i servizi.
- Graduale transizione: i nuovi medici saranno assunti come dipendenti, mentre quelli già in servizio potranno scegliere se mantenere la libera professione o passare sotto il contratto statale.
- Potenziamento delle Case della Comunità: la presenza dei medici sarà garantita sia negli studi privati che nelle strutture pubbliche, offrendo ai cittadini assistenza dalle 8:00 alle 20:00 con servizi diagnostici avanzati.
Un cambio generazionale decisivo
Secondo i dati Istat di novembre 2024, il 77% dei medici di famiglia ha più di 55 anni e tra il 2025 e il 2030 circa 10.000 su 37.000 andranno in pensione. Questo ricambio generazionale apre le porte a un nuovo modello lavorativo per la sanità che piace ai giovani professionisti: il 49% dei neomedici si dice favorevole a un contratto da dipendente del SSN, rispetto al 43% contrario (fonte: Aprire Network, 2020).
Anche il “Movimento MMG per la Dirigenza”, nato nel 2020, supporta la transizione, ritenendola essenziale per modernizzare la sanità territoriale. Il modello proposto mira a superare il lavoro isolato del medico di base, promuovendo invece team multidisciplinari e un approccio proattivo alla prevenzione.