Marzia CapezzutiMarzia Capezzuti

Un incubo senza fine. È quello vissuto da Marzia Capezzuti, la 29enne milanese morta nel marzo 2022 dopo anni di torture e segregazione nella casa popolare di via Verdi a Pontecagnano, in provincia di Salerno. A raccontare gli orrori subiti dalla giovane è stata, davanti ai giudici della Corte d’Assise di Salerno, l’avvocata Stefania De Martino, la prima a denunciare nel febbraio 2021 la terribile situazione in cui si trovava Marzia.

Un inferno quotidiano

Marzia non aveva nemmeno un letto: era costretta a dormire e mangiare per terra. Ogni volta che qualcuno entrava in casa, veniva rinchiusa in uno sgabuzzino. Le violenze erano continue e crudeli: Barbara Vacchiano, tra i principali imputati del processo, le spegneva sigarette sulla pelle e le urinava addosso. La ragazza, completamente soggiogata, era persino costretta a bere l’urina dei suoi aguzzini.

Un calvario denunciato, ma inascoltato

La testimonianza dell’avvocata De Martino ha rivelato dettagli agghiaccianti sulle condizioni di Marzia e sulla totale indifferenza con cui le sue segnalazioni furono trattate. «Ho avvisato più volte carabinieri e servizi sociali», ha dichiarato in aula. A confermare le sevizie è stato anche un altro testimone, Giuseppe Liguori, che ha raccontato di aver appreso delle violenze da una coppia a cui consegnava pacchi alimentari.

L’amore diventato prigione

Marzia si era trasferita a Pontecagnano nel 2017 per amore. Aveva conosciuto Alessandro Vacchiano sui social e si era legata a lui al punto da lasciare Milano per vivere con lui e la sua famiglia. Ma nel 2019 Alessandro morì per overdose, lasciandola sola e vulnerabile nelle mani della sorella e del cognato, Barbara Vacchiano e Damiano Noschese. Si presume che la coppia abbia trattenuto Marzia Capezzuti anche per appropriarsi della sua pensione di invalidità, riconosciutale per un ritardo mentale di media gravità.

La confessione shock

La fine di Marzia è racchiusa in una frase terribile: «L’amm affugat» (“L’abbiamo affogata”), pronunciata dal figlio 15enne di Barbara Vacchiano in un video su Instagram. Il ragazzo, già condannato a 16 anni di carcere, avrebbe confermato così lo strangolamento della giovane. Ora la giustizia è chiamata a stabilire la sorte dei suoi genitori, accusati di averla torturata e infine uccisa.

Le denunce

Le ripetute denunce rimaste inascoltate pesano come un macigno su questa vicenda. Marzia aveva cercato di scappare, ma non ce l’ha fatta. Il suo corpo, il suo silenzio e il lungo elenco di violenze subite raccontano un’ingiustizia che poteva essere evitata. Oggi, in aula, si cerca di rendere giustizia a una giovane donna che non ha mai avuto una vera possibilità di salvezza.

Di Redazione

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *