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30 Novembre 2021 - 8:49Chi si approccia al mondo della cannabis, non può non sentire parlare dell’esistenza dei semi femminizzati. Cosa sono? Quali sono i loro vantaggi? Se ti stai facendo domande in merito, nelle prossime righe di questo articolo potrai trovare diverse informazioni utili.
Semi femminizzati: di cosa si tratta?
Quando si parla dei semi femminizzati, si inquadrano delle sementi che, come dice il nome stesso, permettono di ottenere unicamente delle piante di sesso femminile, popolari per via della possibilità di ottenere, nel momento in cui sono cresciute, delle infiorescenze.
Per capire meglio le peculiarità di questi semi – proposti sul mercato per la prima volta negli anni ‘90 grazie alla celebre seed bank olandese Dutch Passion, i cui esperti erano intenzionati ad aiutare i coltivatori a ridurre il numero di sementi utilizzate – è importante rammentare che, nei casi in cui si ha a che fare con quelli dioici o regolari si ha, dati alla mano, la probabilità di ottenere piante femmine corrispondente al 55%. Nel momento in cui si guarda al mondo dei semi femminizzati, questa percentuale è maggiore. Essenziale a tal proposito è la qualità della pianta madre.
Una domanda che è naturale farsi riguarda il sesso delle altre piante che crescono oltre a quelle femminili (per quanto riguarda queste ultime, parliamo di una percentuale che si aggira tra il 75 e il 99%). Le piante rimanenti non sono maschili, ma ermafrodite. Questo significa che i fiori potranno essere sia di sesso maschile, sia di sesso femminile.
Proseguendo con l’elenco delle caratteristiche dei semi a cui stiamo dedicando queste righe, è doveroso rammentare che, fin da subito, sono stati progettati per creare delle piante fotoperiodiche. Ciò significa che, quando si procede alla coltivazione, si è fortemente legati al ciclo di luce. I coltivatori indoor, dovranno gestire questo aspetto manualmente. Chi, invece, sceglie di coltivare i semi femminizzati outdoor, dovrà scegliere il periodo migliore per piantarli. Qual è di preciso? I mesi della tarda primavera, scelta che permette, una volta arrivato l’autunno, di raccogliere gli esemplari adulti.
Il terreno ideale per la coltivazione
Sono tante le domande che si chiamano in causa quando si parla di semi femminizzati. Uno degli interrogativi più diffusi riguarda il terreno ideale per la coltivazione. Che caratteristiche dovrebbe avere? In linea di massima, per questa tipologia di semi va benissimo il terriccio naturale, meglio se arricchito con perlite o fibra di cocco.
I vantaggi
Anche chi ha poca confidenza con il mondo della cannabis, ha sentito parlare dei vantaggi dei semi femminizzati. Uno dei più importanti lo abbiamo ricordato nelle prime righe di questo articolo e riguarda la possibilità di ottenere le infiorescenze, uno dei prodotti a base di cannabis più amati sul mercato (soprattutto da chi ha già molta confidenza con la pianta).
Si potrebbe andare avanti ancora molto a parlare dei vantaggi dei semi femminizzati. Oltre all’aspetto appena ricordato, è doveroso sottolineare che, nel momento in cui li si coltiva, non si ha più la necessità di calcolare gli spazi da dedicare ai semi di sesso maschile, con conseguente ottimizzazione delle aree interessate dalla semina. Inoltre, in virtù dell’assenza di necessità di eliminare gli esemplari maschili, si apprezza un risparmio dei costi di manodopera che, in casi differenti, sarebbero stati investiti per le cosiddette operazioni di smaschiamento.
Concludiamo rammentando che, sotto al cappello dei semi femminizzati, è possibile includere diverse tipologie. Nell’elenco spiccano i semi autofiorenti, che permettono di ottenere piante di dimensioni contenute, non dipendenti dai cicli di luce e, come dice il nome stesso, in grado di fiorire in tempi brevi (estremamente ridotto è anche il loro ciclo di vita).
Da non dimenticare è anche l’esistenza dei semi femminizzati ad alto contenuto di CBD. Questa dicitura si utilizza in caso di quantità di cannabidiolo superiore al 15%.