Il linguaggio in classe e la difesa dell’insegnante
Un professore di un liceo artistico a Torino è stato al centro di un processo per molestie e violenza sessuale nei confronti di alcune studentesse. Il tribunale, in primo grado, aveva ritenuto che il suo linguaggio, pur spinto e provocatorio, avesse una finalità educativa: sensibilizzare le alunne sull’importanza di un abbigliamento consono in ambito scolastico. “Sono un insegnante e il mio compito è quello di educare”, aveva dichiarato il professore, un 55enne, nel tentativo di giustificare il suo comportamento.
Gli episodi contestati
Le accuse mosse al docente riguardano diversi episodi, tra cui frasi inappropriate e gesti ritenuti molesti. A una studentessa aveva detto: “Perché sei lesbica? Sei sprecata”, per poi avvicinarsi e massaggiarle il viso con un pennello. A un’altra aveva suggerito di “farsi una s…” piuttosto che “andare dalla psicologa”. In un’altra occasione, avrebbe infilato una matita e un fazzoletto tra le natiche di una ragazza che si era piegata sul banco, accompagnando il gesto con la frase: “Non ti piegare che mi istighi”. Infine, avrebbe sfiorato l’ombelico di un’alunna con un top.
La condanna in primo grado e la riforma in appello
In primo grado, il docente era stato condannato a pagare un’ammenda di 400 euro per molestie, mentre era stato assolto dall’accusa di violenza sessuale. Tuttavia, in appello, i giudici hanno accolto in parte il ricorso del pubblico ministero Dalia Boschetto, che aveva chiesto due anni di reclusione. La corte ha riqualificato alcuni episodi come violenza sessuale e ha inflitto al professore una condanna a un anno di carcere con sospensione condizionale.
Le denunce delle studentesse
Otto studentesse, di età compresa tra i 17 e i 18 anni, hanno denunciato il docente nel 2021, raccontando episodi di molestie e frasi inopportune durante le lezioni di arte. Dai verbali emerge come il professore utilizzasse frequentemente riferimenti a sfondo sessuale e frasi ambigue, tra cui: “È tanta grazia! Vogliamo arrivare insieme alla fine dell’anno? Se vogliamo farlo, vestiti in maniera adeguata”. A due studentesse che parlavano appartate, avrebbe detto di “non fare atti osceni in pubblico”, aggiungendo che gli avrebbe fatto “piacere guardare”. A una 17enne aveva paragonato il seno alle mammelle di un cane, una frase percepita come offensiva.
La difesa dell’insegnante
Assistito dagli avvocati Laura Piera Cavallo e Francesco Crimi, il docente ha negato molte delle frasi contestate, sostenendo che il suo intento era educativo. Ha cercato di giustificare il proprio metodo come un modo per insegnare alle alunne a vestirsi in maniera adeguata, evidenziando che molte di loro si presentavano in classe con abiti succinti. Tuttavia, le sue spiegazioni non hanno convinto i giudici, che hanno ritenuto il suo comportamento inappropriato e meritevole di condanna.