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1 Maggio 2020 - 21:30Riceviamo e gentilmente pubblichiamo un interessante approfondimento dell’avvocato Francesco Palumbo su criptovalute e cybercrime.
di Francesco Palumbo
Con l’avvento delle nuove tecnologie e dalla evoluzione della rete internet, si determina un
cambiamento radicale nell’economia globale, con specifico riferimento al settore finanziario,
principalmente per le modalità di scambio di beni e servizi. L’applicazione più significativa nella tecnologia digitale al settore finanziario spicca la diffusione delle criptovalute o valute virtuali, la più nota è il bitcoin.
Cosa è una criptovaluta
La criptovaluta è una moneta che non esiste in forma fisica per questo definita virtuale, ma nasce e si scambia esclusivamente per via telematica. Non è quindi possibile trovare in circolazione dei bitcoin in formato metallico o cartaceo. L’evoluzione si è individuata anche per alcuni concetti tradizionalmente utilizzati per le monete a corso legale, come ad esempio quello di portafoglio, si è adattato anche alle monete virtuali, dove si parla di portafoglio digitale o wallet digitale o e-wallet.
Criptovaluta ed aspetti giuridici
La dificile individuazione giuridica, nonché il propagarsi del fenomento tecnologico, ha richiesto alll’Authority Comunitaria dei Mercati Finanziari nel 2020 la notizia che si necessario muoversi per dare una regolamentazione al mercato delle criptovalute.
Ovviamente è difficile intuire che tipo di regolamentazione possa essere, ma, tenendo conto degli interventi precedenti nel campo delle criptovalute, si può escludere che vengano messe fuori legge e si può immaginare che queste possano essere parificate ai mercati OTC (mercati over the counter) intesi come mercati la cui negoziazione si svolge al di fuori dei circuiti borsistici ufficiali.
‘Non devono essere confuse con la moneta elettronica’
Pertanto, secondo la definizione fornita da Banca d’Italia, le criptovalute sono “rappresentazioni digitali di valore non emesse da una banca centrale o da un’autorità pubblica. Esse non sono necessariamente collegate a una valuta avente corso legale, ma sono utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento e possono essere trasferite, archiviate e negoziate elettronicamente; non sono moneta legale e non devono essere confuse con la moneta elettronica”
In particolare, Banca d’Italia sottolineava un non trascurabile dubbio ossia, se le operazioni degli exchanger, ovvero le piattaforme online che mettono in contatto domanda e offerta di criptovalute, dove è possibile depositare una tipologia di criptovalute o convertirle in valute a corso legale o in altre criptovalute, potessero essere fatte rientrare nell’alveo delle attività tipizzate dal legislatore come attività di emissione di valuta virtuale, nell’ordinamento nazionale, con, in cado di violazione, disposizioni normative, penalmente sanzionate, che riservano l’esercizio della relativa attività ai soli soggetti legittimati.
Obbligo di registrazione degli exchanger
Oggi, tali incertezze appaiono superate dal riconoscimento di tale categorie da parte del legislatore, e dall’obbligo di registrazione degli exchanger in una apposita sezione del registro dei cambiavalute come previsto dall’art. 17-bis d.lgs. 141/2010. Alla luce di tale intervento normativo, l’attività degli exchanger di criptovalute è stata espressamente riconosciuta dal legislatore, collocata nell’ambito delle attività di cambiavalute.
Obbligo di iscrizione nel registro dei cambiavalute
Parallelamente si è intervenuti con d.lgs. 90/2017, nella disciplina antiriciclaggio (d.lgs. 231/2007), che ha previsto oltre all’obbligo per gli exchanger di iscrizione nel registro dei cambiavalute anche l’applicabilità ai medesimi degli obblighi antiriciclaggio. ma, essendo procedure realizzate interamente online, sono facilmente eludibili.
Criptovalute, il pericolo di finalità illecite
Le criptovalute, in virtù delle loro caratteristiche intrinseche di funzionamento, possono facilmente essere sfruttate per finalità illecite. Individui malintenzionati possono utilizzare la crittografia e la anonimità delle transazioni per occultare il contenuto sia con terzi che alle autorità non svelando, la chiave del proprio address, oppure l’identità dei soggetti coinvolti nello scambio di criptovaluta.
La riservatezza dei dati inviati
Senza dimenticare poi browser come TOR il quale utilizza un tipo di codificazione “a strati”, in modo tale da garantire la completa riservatezza dei dati inviati. L’attenzione per i criminali, si concentra a questo punto, sui reati contro il patrimonio e l’ordine economico (riciclaggio in particolare).
La percepita anonimità porta il soggetto agente alla persuasione che la sua identità sarà difficilmente scoperta, e questo va ad invalidare la funzione preventiva e dissuasiva del diritto penale. Si parla di riciclaggio digitale strumentale quando i proventi illeciti da “ripulire” sono offline, mentre il riciclaggio è digitale integrale quando i proventi illeciti sono già online. Il riciclaggio digitale integrale, è distinto dal fatto che tutte le fasi della “ripulitura” avvengono completamente online e protette dall’anonimato.
Aprire un conto on line
Non è difficile, anche per non addetti ai lavori, aprire un conto online, senza sottoscrivere controlli della banca al momento del censimento di un nuovo cliente. L’esempio più veloce di riciclaggio di denaro tramite bitcoin è delineato dall’acquisto di criptovalute con proventi derivanti da ulteriori reati, ostacolando la provenienza delittuosa.
Da un’attenta disamina delle condotte di riciclaggio digitale strumentale appare evidente che queste non creino problemi particolari di compatibilità con le norme penalistiche. Il soggetto agente che compia uno dei reati di cui agli articoli 648-bis, 648-ter, 648-ter.1 c.p. riciclerà o impiegherà beni, denaro o altre utilità nell’acquisto di criptovalute; è difficile prevedere che lo scambio di criptovalute devii dall’applicazione di tali fattispecie.
Bisogna innanzitutto considerare che con l’ultima modifica della disposizione in questione, la
fattispecie del reato di riciclaggio ha assunto qualifica di fattispecie a forma libera in quanto saranno rilevanti le condotte di sostituzione o trasferimento, ma anche altre operazioni capaci di ricomprendere anche quelle che si svilupperanno di pari passo con la tecnologica.
Utilizzo di bitcoin e reato di pericolo concreto
La fattispecie si individua come reato di pericolo concreto, è necessario quindi accertare se l’utilizzo di bitcoin possa concretamente ostacolare la provenienza delittuosa di beni, denaro o altra utilità. Analizzando l’elemento oggettivo dei reati, e in particolare l’elemento materiale, esso è costituito da «beni, denaro o altra utilità dunque, senz’altro si configurerà il reato di cui all’art. 648-bis c.p. con l’utilizzo delle criptovalutee analogo discorso vale anche per il reato cui all’art. 648-ter – Impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.
Alcune perplessità, in proposito, sorgono con riferimento alle condotte di autoriciclaggio ex art. 648- ter.1 c.p. I proventi sono già online e non può considerarsi in breve qualsiasi operazione idonea ad ostacolare concretamente, nel caso dell’autoriciclaggio la provenienza delittuosa. Non possiamo sottovalutare il fatto che la blockchain è pubblica e traccia tutte le operazioni compiute degli operanti, pertanto non vi è sempre un ostacolo alla provenienza delittuosa. Infatti, non vi sarebbe una contaminazione del circuito economico lecito senza che le criptovalute di origine delittuosa non vengano convertite con altre valute virtuali o con valute legali.
Secondo aulcuni autori, nonostante la mancanza della destinazione degli impieghi, il delitto di autoriciclaggio si configurerebbe ugualmente. Il bene giuridico tutelato dalla norma non sarebbe, la tutela dell’ordine economico; pertanto, un soggetto che muove proventi illeciti virtuali, sarebbe comunque idoneo a simularne la provenienza delittuosa, integrandoil delitto di autoriciclaggio.
Il cyberlaundering
Infile, il cyberlaundering mediante criptovalute è idoneo ad integrare le tre distinte fattispecie
trattate poc’anzi, ma ciò che è interessante è che vi sono nuovi reati presupposti e nuovi reati
strumentali quali, frodi informatiche aggravate dal furto di identità digitale ex art. 640-ter, comma 3, c.p., truffe ex art. 640 c.p., acquisizione e cessione illecite di password ex art. 615-quater c.p., accessi abusivi a sistemi informatici o telematici ex art. 615-ter, c.p. ulteriori ipotesi di reati strumentali al riciclaggio cibernetico possono considerarsi l’art 494 c.p., rubricato furto di identità digitale, ed anche l’art. 615-ter c.p ossia il reato di accesso abusivo a sistema informatico o telematico.
La casistica giurisprudenziale a riguardo è piuttosto vasta, ma le norme del codice penale riescano a comprendere approfonditamente le nuove modalità di riciclaggio e di impiego di profitti di provenienza delittuosa, ovviamente la persecuzione e repressione dei suddetti reati non è facilitata dall’utilizzo della rete e dei sistemi informatici.