Cecilia Sala a Che tempo che fa, dai 21 giorni di prigionia alla verità su Musk: ‘Non tornerò in Iran’

Cecilia Sala a Che tempo che faCecilia Sala a Che tempo che fa

“Stavo lavorando nella mia stanza dell’hotel, hanno bussato e da quel momento non ho potuto toccare il mio telefono né fare nulla. Mi hanno messo in un’auto e portata in carcere”. Cecilia Sala ha ricostruito a Che tempo che fa, nella puntata del 19 gennaio, i 21 giorni di prigionia in Iran rimarcando di aver compreso, nonostante fosse bendata, la strada che stavano facendo e che la stessero portando nel carcere di Evin.

Cecilia Sala: ‘Mi hanno prelevato dalla mia stanza in hotel’, la liberazione lampo

La giornalista era convinta che sarebbe rimasta a lungo dietro le sbarre in considerazione delle esperienze vissute in passato da alcuni colleghi. “Sono stata fortunatissima a stare lì dentro solo 21 giorni. Il recupero è più rapido rispetto a tante altre persone rimaste lì centinaia di giorni. Sono stata liberata in tempi assolutamente veloci, è stato un lavoro che non si vedeva in tempi così rapidi dagli anni ottanta”. 

Dopo i terribili giorni in isolamento, la presenza di una compagna di cella, di un libro e gli occhiali le hanno dato ulteriore forza. “La prima sera avevo chiesto il Corano in inglese perché pensavo fosse un libro che in un carcere di massima sicurezza dell’Iran non mi avrebbero negato e invece mi è stato concesso. Ho passato il tempo a contarmi le dita, a leggere gli ingredienti sulle buste. La prima cosa di cui abbiamo parlato con la mia compagna di cella è stato di come capire che ora fosse. C’era una piccola finestrella sbarrata in alto e da lì abbiamo giocato a capire dal riflesso che ora fosse”.

Il contatto con il referente italiano di Musk

Poi il riferimento del presunto contatto tra i suoi familiari ed Elon Musk. “Nessuno della mia famiglia e neanche Daniele (il compagno) hanno mai parlato con Elon Musk. Daniele che è un giornalista, ha contattato il referente in Italia di Musk, Andrea Stroppa per far arrivare la notizia dalla famiglia prima che la scoprisse dai giornali. Elon Musk è l’unico che ha rapporti tra Stati Uniti con Iran e aveva incontrato l’ambasciatore iraniano presso l’Onu” – ha precisato Cecilia Sala precisando che Stroppa ha poi riferito che il proprietario di Tesla era stato informato.

“Sapevo che c’era un conto alla rovescia che era l’insediamento di Trump, che li spaventava”. La giornalista ha compreso di essere un ostaggio quando le è stata comunicata la notizia della morte di Jimmy Carter. “Era il presidente della presa degli ostaggi nell’ambasciata Usa a Teheran, quella è l’unica notizia che mi hanno dato dall’esterno”.

“Dal momento che Daniele sapeva più di me e si capisce che il caso riguardava sia l’Iran sia gli Stati Uniti allora Elon Musk diventa una persona” da contattare e “l’unica risposta da Stroppa avuta da Daniele è stata ‘informata’

Le telefonate in codice con il fidanzato

La prima telefonata ai congiunti è stata breve. “Il tempo di dire che non era finita in un burrone”.  Con il tempo “le telefonate con Daniele sono state le più lunghe. Abbiamo un linguaggio in codice per cui riuscivo a passare delle informazioni nonostante le regole. Che non avevo un materasso e un cuscino come tutte le detenute in isolamento si è capito solo tardi perché ero controllata mentre telefonavo”.

“Venivo interrogata incappucciata con la faccia al muro” – ha raccontato Cecilia Sala durante l’intervista concessa a Fabio Fazio. “In un interrogatorio sono crollata, mi hanno dato una pasticca per calmarmi – spiega -. Mi interrogava sempre la stessa persona in perfetto inglese e capivo che conosceva molto bene l’Italia. Il giorno prima della mia liberazione sono stata interrogata per dieci ore di seguito” – ha riferito. Venivo portata agli interrogatori con un bastone di cui tenevo una estremità, portavo una benda ed ero incappucciata anche quando andavo alla toilette. Inoltre, nella cella i fari al neon erano accesi 24 ore “.

Interrogata per 10 ore incappucciata

I pochi segnali che arrivavano dall’esterno erano terribili. “Quando la fessura della porta blindata è chiusa- racconta ancora- non senti nulla, sei isolato. Quando è aperta senti i rumori delle altre detenute. C’era una ragazza che prendeva la rincorsa per sbattere la testa contro la porta e farsi del male . Erano rumori che arrivavano dal corridoio strazianti: pianti, vomito e tentativi di farsi del male” – ha aggiunto spiegando che per andare avanti  Per andare avanti mi aggrappavo al pensiero delle cose belle “nella speranza che le avrei riavute”. Perentoria la risposta quando le è stato chiesto se sarebbe tornata in Iran. “Finche’ c’è la Repubblica islamica non tornerò in Iran“. Non sono mancate le polemiche per il mancato riferimento al premier Giorgia Meloni e al Governo durante l’intervista.

Di Giuseppe D'Alto

Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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