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Candido Montini, fermato 17enne per omicidio volontario: ‘É un parente’, la svolta con l’incrocio del DNA

Fermato 17enne per l'omicidio di Candido Montini

Fermato 17enne per l'omicidio di Candido Montini

É stato disposto un fermo per omicidio volontario a carico del 17enne accusato di aver ucciso Candido Montini, 76 anni, titolare di un negozio di alimentari ed ex vicesindaco di Garzeno (Como).

Il 17enne è stato sottoposto ad un lungo interrogatorio prima del fermo per l’omicidio dell’ex vice sindaco di Garzeno

L’anziano era stato assassinato a coltellate nella sua casa, il 24 settembre scorso, nella piccola frazione di Catasco. Il ragazzo è stato a lungo interrogato lunedì 21 ottobre nelle indagini dei carabinieri del Nucleo investigativo di Como e della Procura per i minorenni di Milano, guidata da Luca Villa. Indagini passate anche per un prelievo a tappeto e analisi di DNA. Il 76enne Candido Montini aveva ricoperto l’incarico di vicesindaco a Garzeno (Como) dove era conosciuto anche per il suo piccolo negozio di alimentari nella frazione di Catasco, sui monti dell’Alto lago di Como.

Da qualcuno che lo conosceva e cercava i suoi soldi, si era detto. Questa mattina all’alba i carabinieri di Como sono saliti in forze nel piccolo borgo arroccato sui monti, e hanno prelevato il 17enne. Una serie di accertamenti e di perquisizioni e il giovane è stato portato in auto a Como, assieme ai genitori, nella caserma dei carabinieri, dove è stato a lungo interrogato, alla presenza di un sostituto procuratore minorile di Milano. Al ragazzo, italiano, che vive in paese a poca distanza dalla casa della vittima, gli inquirenti sarebbero arrivati incrociando i dati del DNA. Nei giorni scorsi i carabinieri, dopo avere sentito parecchi residenti – nella frazione vivono poco più di un centinaio di persone – avevano effettuato test salivari a campione, un invito su base volontaria per iniziare a creare una banca dati del Dna.

L’incrocio con i test biologici

E incrociando gli esiti dei test biologici, gli inquirenti sarebbero arrivati a restringere il cerchio verso un gruppo familiare prima, e al ragazzo poi. Una settimana fa erano a saliti a Catasco anche i Ros, che in un paio di giorni hanno passato centimetro per centimetro la casa della vittima, alla ricerca di tracce biologiche non evidenti. Candido Montini è stato ucciso nel pomeriggio del 24 settembre nella sua abitazione. Il corpo era stato ritrovato il giorno successivo, ma l’autopsia aveva retrodatato il momento della morte.

L’assassino lo ha sorpreso in casa dopo pranzo, probabilmente mentre l’uomo si apprestava a riaprire il suo piccolo negozio di alimentari, una bottega-emporio di paese che faceva soprattutto consegne a domicilio, per far trovare a casa pane e alimenti freschi a chi tornava dal lavoro in Svizzera. Il pomeriggio del 24 il negozio era rimasto chiuso, ma nessuno si era insospettito, perché a volte capitava.

L’allarme era scattato la mattina successiva, quando il panettiere è andato a consegnare il pane trovando ancora chiuso. Dalla casa non mancavano oggetti di valore, ma in quei giorni Montini doveva avere tra le mani parecchio contante: come accadeva una volta anche nelle città, a Catasco si usa ancora il “libretto”, sul quale si segnano gli acquisti e si paga tutto a fine mese. Probabilmente l’assassino lo sapeva.

L’ipotesi della rapina, il fratello della vittima incredulo: ‘Siamo parenti’

L’autopsia ha rilevato sul corpo della vittima una ventina di coltellate, alcune inferte con il pensionato già a terra. Pensionato che si sarebbe anche difeso. Il portafogli, vuoto, era stato trovato a terra lungo una possibile via di fuga, in una delle stradine del borgo, e una settimana dopo era stato trovato anche il coltello, da cucina, con lama e manico di acciaio, di tipo diverso da quelli che Montini teneva in casa. Le poche telecamere del paese non avevano rilevato movimenti in uscita. Un quadro insomma compatibile per un’aggressione a scopo di rapina. Il fratello di Candido Montini ha riferito a Pomeriggio 5 che non si aspettava una simile svolta. “Siamo parenti, pensavo ad altro. Ero fuori strada. Sarà per forza un colpo di testa. Neanche a un cane si danno 20 coltellate”.

Redazione
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Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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