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10 Dicembre 2021 - 21:18C’è il massimo riserbo sul nome dell’indagato per omicidio colposo per il decesso del cantante Michele Merlo ma di sicuro non si tratterebbe dei medici degli ospedali bolognesi che hanno avuto in cura l’ex allievo di Amici. Dall’autopsia e agli accertamenti disposti dal pm della Procura di Bologna Elena Caruso non erano emerse responsabilità da parte dei professionisti che hanno seguito Merlo sia al pronto soccorso di Vergato che all’ospedale Maggiore di Bologna.
I periti non hanno rilevato responsabilità dei medici che hanno curato il cantante al Vergato ed al Maggiore
Sul fascicolo approdato alla Procura di Vicenza ed assegnato al pm Barbara De Munari c’è il nome di una persona che, probabilmente, avrebbe potuto intervenire in una fase antecedente a quanto accaduto in quei giorni di inizio giugno fino al decesso avvenuto il 6 giugno per un’ischemia cerebrale causata da una leucemia fulminante.
Era stato visitato da un medico di Rosà, comune dove risiedeva il cantante, e dal Pronto soccorso di Cittadella, in provincia di Padova. Secondo i periti, il professor Antonio Cuneo e il dottor Matteo Tudini, quando il cantante si presentò al pronto soccorso di Vergato con placche, mal di testa, sangue dal naso e mal di gola era troppo tardi. “Il 26 maggio Michele si presentò al pronto soccorso di Cittadella con dolori e uno strano ematoma alla gamba”.
‘Michele Merlo si sarebbe potuto salvare se la terapia fosse stata somministrata tra il 27 e 28 maggio’
Nella circostanza i medici diagnosticarono una faringite con la prescrizione di un antibiotico ma gli esperti della Procura hanno evidenziato che se fossero stati intuiti i segnali della leucemia Michele Merlo non si sarebbe potuto salvare. “Qualora la terapia fosse stata somministrata a partire dal 27-28 maggio avrebbe avuto una probabilità di sopravvivenza compresa tra il 79 e l’87 per cento” – si legge nelle conclusioni dei periti. Il reato contestato sarebbe quello di omicidio colposo in seguito a condotte mediche.