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Carla Raparelli morì per una trasfusione sbagliata in una clinica di Torino, l’anestetista: ‘Mi chiesero di mentire’

Io non sono madre, ma se avessi un figlio gli insegnerei cos’è la verità“. Questo disse l’anestesista ai colleghi che la supplicavano di nascondere il grave errore costato la vita a una paziente. L’anno è il 2023 e lo scenario è una delle cliniche private più conosciute e apprezzate di Torino, un “ospedale di alta specialità” immerso nel verde della collina che fiancheggia il capoluogo piemontese. Qui aveva perso la vita Carla Raparelli, una donna di 71 anni.

Carla Raparelli morta a 71 anni per una trasfusione destinata ad un’altra persona, rischiano il processo medico e infermiere

La causa era stata attribuita a una trasfusione di sangue che, oltre ad essere del tutto inutile, era sbagliata: la sacca era destinata a un altro degente della clinica Maria Pia Hospital di Torino. L’anestesista fu tra coloro che se ne erano rese conto. Venne convocata una riunione e le fu chiesto se era disposta a cancellare la circostanza dalla cartella clinica. Qualcuno disse di essere preoccupato, che temeva di perdere il lavoro, che aveva dei figli. Ma l’anestesista fu irremovibile. Ora la procura di Torino ha chiesto il rinvio a giudizio di un medico e di un infermiere.

La flebo al braccio della signora Carla Raparelli fu applicata poco dopo le 21 del 9 marzo 2023. Senza una ragione. E con una sacca che non doveva nemmeno essere destinata a lei. Tanto è che vero che in una una delle stanze vicine c’era un altro paziente in attesa di infusione. Alle 22 i familiari della donna furono avvertiti che le sue condizioni erano disperate. L’anestesista tentò di rianimare Carla per cinquanta minuti. Inutilmente. Poi, la riunione in cui si azzardò l’ipotesi di taroccare la cartella clinica. Bastava omettere che c’era una trasfusione in corso. Bastava far balenare, come causa del decesso, l’ipotesi di una incursione rapida e violenta di una sepsi.

Il tentativo disperato dell’anestetista di salvare la donna e il no alla richiesta di modificare la cartella clinica

‘No’, fu la risposta. Secondo la ricostruzione dei pm quella sera sarebbero state ignorate le linee guida ministeriali sulla “prevenzione della reazione trasfusionale” e le raccomandazioni previste dai protocolli interni, diffusi nel dicembre del 2022, sulla “gestione sangue e derivati”. All’atto pratico significava semplicemente controllare se Carla era Carla e non l’uomo che stava aspettando a pochi passi; poi verificare corrispondenza e compatibilità immunologica con il contenuto della sacca. Infine stazionare intorno al letto per un po’ di tempo per capire se stesso sorgendo dei problemi. É stato il servizio di Medicina legale a segnalare il caso alla procura. Anche la clinica avviò degli accertamenti interni. 

Redazione
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Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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