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Alberto Scagni, la Cassazione conferma la condanna a 24 anni per l’omicidio della sorella

Alice e Alberto Scagni

Alice e Alberto Scagni

È diventata definitiva la condanna a 24 anni e sei mesi per Alberto Scagni, l’uomo che il primo maggio 2022 uccise la sorella Alice, giovane mamma, sotto casa a Genova Quinto. La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dagli avvocati di Scagni, i legali Alberto Caselli Lapeschi e Mirko Bettoli, che puntavano allo sconto di pena.

Omicidio Alice Scagni, definitiva la condanna a 24 anni di Alberto Scagni

La difesa, infatti, nell’udienza di martedì 8 ottobre ha sostenuto che non ci fossero i presupposti per la premeditazione. In primo luogo perché, a loro avviso, non era stato dimostrato cosa avesse fatto Alberto dalla telefonata di minacce ai genitori fino all’omicidio. Poi perché la sua seminfermità, riconosciuta in primo e secondo grado, sarebbe incompatibile con una premeditazione che “denota una lucidità nell’organizzazione in anticipo di un delitto”.

Adesso a Scagni resta la carta della Cedu. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha dichiarato ammissibile il ricorso, presentato dall’avvocato Fabio Anselmo, contro le presunte inerzie di polizia e medici della Salute mentale. “Oggi (ieri, nda) abbiamo avuto la notizia che il ricorso alla Cedu sulla vicenda ignobile dell’abbandono subito nella tragedia che ha travolto la vita dei nostri figli ha avuto conferma di ammissibilità. Tragedia che noi continuiamo a ritenere quantomeno arginabile sulle tremende conseguenze” – è stato evidenziato dai legali.

I legali di Alberto Scagni non si arrendono: ‘Ammesso ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo’

“Questa prima decisione di mera Ammissione a trattare il ‘caso Scagni‘ da parte della Corte Europea, ci conforta minimamente nel nostro insanabile dolore: dunque non siamo soltanto patetici visionari persecutori ma esiste una Giustizia che vuole vederci dentro, che intende meritevole valutare l’operato delle Istituzioni dello Stato Italiano da sottoporre a vaglio di correttezza (anzi di esistenza!, vista la pesante inerzia che si è platealmente dimostrata nei fatti). Era quello che chiedevamo, un esame di coscienza giuridicamente leale di tutte le parti in causa”.

Redazione
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Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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