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26 Febbraio 2024 - 12:54Era capace di intendere e di volere Alessia Pifferi , la 38enne che nel luglio 2022 ha lasciato morire di stenti la figlia Diana di meno di un anno e mezzo, abbandonandola da sola in casa per sei giorni.
Perizia psichiatrica Alessia Pifferi ‘Capace di intendere e di volere al momento dei fatti’, rischia l’ergastolo
Lo ha stabilito la perizia psichiatrica firmata da Elvezio Pirfo, depositata lunedì 26 febbraio e disposta dalla Corte d’Assise di Milano nel processo per omicidio volontario aggravato. “Al momento dei fatti ha tutelato i suoi desideri di donna rispetto ai doveri di accudimento materno verso la piccola Diana e ha anche utilizzato ‘un’intelligenza di condotta’ viste le motivazioni diverse delle proprie scelte date a persone diverse” .
Indagate psicologhe e avvocato Alessia Pifferi: ‘Vogliono far fuori la difesa’, i dubbi sul test
Ha rimarcato il perito Elvezio Pirfo nelle 130 pagine di perizia psichiatrica su Alessia Pifferi spiegando che la donna, che ha lasciato morire la figlia, non ha “disturbi psichiatrici maggiori”, né “gravi disturbi di personalità. É possibile affermare che Alessia Pifferi al momento dei fatti per i quali è imputata era capace di intendere e di volere”. Conclusioni che sono in linea con quanto sostenuto dal pm di Milano Francesco De Tommasi e dal suo consulente. La 38enne rischia la condanna all’ergastolo.
Il perito si è espresso anche sul test di Wais delle psicologhe indagate per falso. “Non è del tutto conforme ai protocolli di riferimento e alle buone prassi in materia di somministrazione di test psicodiagnostici e quindi l’esito del predetto accertamento non può essere ritenuto attendibile e compatibile con le caratteristiche mentali e di personalità dell’imputata per come emergono dagli ulteriori atti del procedimento e dall’osservazione peritale”.
‘Il test di Wais non è conforme ai protocolli e non può essere ritenuto attendibile’
Lo psichiatra forense ha sottolineato che “La spettacolarizzazione mediatica subita da questa drammatica e tristissima vicenda avrebbe potuto costituire un’indiretta pressione psicologica sul Perito e sui Consulenti di Parte”, ma “tale rischio non si è realizzato perché l’attività peritale si è svolta in maniera professionalmente serena grazie all’atteggiamento di collaborazione tenuto dai Consulenti di Parte nei confronti dello scrivente, pur nelle differenze delle proprie valutazioni cliniche e forensi, permettendo così di realizzare l’osservazione peritale nell’assoluta normalità ‘tecnica’”.