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L’aforisma: la riscoperta ai tempi dei social

Motto arguto e sentenzioso, l’aforisma concentra in poche parole un universo pregno di significato. La scrittura aforistica in particolare può proprio intendersi quale genere letterario. Il dire molto con la massima economia di parole è la sua cifra elettiva. Lo possiamo definire una sorta di prosa di riflessione. L’aforisma ha quale sua caratteristica principale di condensare in una riflessione, in una massima, in una sentenza gnomica una considerazione, una notazione, un rilievo su qualche aspetto del mondo. Non è inconsueto che l’aforisma sia spesso venato da cinismo e pessimismo in quanto esprime una verità (secondo Karl Kraus invece l’aforisma non coincide mai con la verità, o è una mezza verità o una verità e mezza) sulla condizione umana.

Non va discinto dall’aforisma l’effetto sorpresa o meraviglia perché questa forma di scrittura breve tende a sbalordire, stupire, meravigliare e turbare il lettore, più raramente a rassicurarlo. Gli aforismi possono assurgere a citazioni memorabili, massime, ma anche scadere a banalità ripetute, come può avvenire ad esempio per il pubblico frequentatore dei social poco avvezzo alla letteratura e alla filosofia che scimmiotta frasi che diventano non memorabili, ma virali, in quanto ciò che conta su queste piattaforme è il numero delle condivisioni e non certo la qualità di ciò che si condivide.

Ogni aforisma è dotato di una sua intrinseca completezza, quindi non risulta intercalato in un contesto narrativo, può ben sussistere isolato in se stesso. In realtà può anche accadere che la perla dell’aforisma venga estrapolata da romanzi e racconti e quindi in questo senso vengono decontestualizzati. Questa ad esempio è la sorte toccata ad Oscar Wilde, ma anche a Schopenhauer, Nietzsche, Proust, Musil e tanti altri scrittori e filosofi ancora. L’aforisma in effetti possiamo considerarlo un ottimo banco di prova per gli scrittori in quanto cimentarsi con la scrittura aforistica significa riuscire a dire molto con poche parole, mentre in genere i romanzieri tendono a dire molto significando poco.

Molte le definizioni che sono state tentate dell’aforisma. Una definizione che metta d’accordo tutti naturalmente è impossibile. Tra le innumerevoli spicca quella ironica di Gesualdo Bufalino: “Un aforisma benfatto sta tutto in otto parole”. Non vi è dubbio che il genere aforistico nel suo essere frammentato, spezzato e discontinuo, privo di organicità, sia il genere letterario, la forma privilegiata per raccontare e dire la modernità. L’uomo che nel Novecento ha visto naufragare tutte le sue certezze e perdere i punti di riferimento, con la psicoanalisi che ha frugato negli abissi dell’inconscio facendone emergere tutti i demoni interiori, non ha più fiducia nel trattato, nel sistema, nella esposizione ordinata, metodica, nell’enciclopedia, orientamenti culturali questi che nascono nelle epoche fiduciose e ottimiste che prevedono una trattazione organica dello scibile umano secondo un procedere razionale e conseguente. L’aforisma nella sua singolarità di frammento dice molto di più, coglie una verità molto più che un ponderoso volume analitico e sistematico. 

Aforisma: etimologia 

Aforisma deriva dal termine greco antico aphorizein che significa delimitare, definire ma anche orizzonte. E’ quindi insita nell’origine di questa parola la possibilità di varcare nuove soglie di significati, di avventurarsi in originali esplorazioni semantiche. Quando nascono gli aforismi? La nascita di questo genere si fa risalire alla pubblicazione degli Aforismi da parte del medico greco Ippocrate vissuto tra il 460 a.C. e il 377 a.C. Questo è il suo aforisma più noto: “La vita è breve, l’arte è lunga, l’occasione è fugace, l’esperienza è fallace, il giudizio è difficile”. Tra le raccolte di aforismi giunte fino a noi, la cui fama è riconosciuta e comprovata, non possiamo tacere del Manuale di Epitteto, e I pensieri di Marco Aurelio. In tempi più recenti, il seicento in Francia è stato il secolo d’oro del ritorno all’aforisma, basti pensare a François de La Rochefoucauld (1613-1680), aristocratico e cortigiano e ai Pensieri di Blaise Pascal (1623-1662) che tenta un impossibile accordo tra ragione e fede. Nell’Ottocento Schopenhauer nel suo Parerga e Paralipomena, una sorta di supplemento esplicativo della sua opera principale “Il mondo come volontà e rappresentazione” espresse molte sue considerazioni in forma di aforisma.

Anche il filosofo Nietzsche diede corso alla sua filosofia inaugurando un nuovo stile utilizzando questo genere letterario in molte sue opere. Molti dei suoi aforismi vengono condivisi spesso sui social, così che questo filosofo elitario spregiatore delle masse ha avuto il destino di diventare popolare. Il Novecento è un’epoca accline all’aforisma. In questo esercizio di stile si sono distinti Karl Kraus, Kafka negli Aforismi di Zürau, ma anche l’Italia annovera pregevoli aforisti quali Ennio Flaiano, Giuseppe Prezzolini, Leo Longanesi e Marcello Marchesi, Giuseppe Pitigrilli ed altri ancora. Nel Novecento in particolare a distinguersi particolarmente in questa forma di espressione cinica e lapidaria troviamo il rumeno Emil Cioran che andò a Parigi per una borsa di studio. Da quel momento in poi scrisse i suoi aforismi intinti nel veleno nella lingua razionale e d’esemplare precisione di Voltaire. Folgorante la sua opera d’esordio “Al culmine della disperazione” in cui un Cioran poco più che ventenne distilla i suoi fiori del male. 

Aforismi e tempi moderni 

Gli aforismi oggi conoscono una considerevole popolarità perché per la loro brevità si prestano bene alla comunicazione moderna che corre sui social, in particolare Facebook e Twitter, e anche sugli stati su Whatsapp. Li si trova sotto forma di didascalie a foto, stati d’animo, impressioni. Trattandosi di una comunicazione che fa delle brevità e concisione la sua cifra essenziale, lo si utilizza negli ambiti più disparati e può in questo senso anche degenerare nella velocità della comunicazione odierna che lascia poco tempo alla riflessione: i politici lo banalizzano in slogan nelle sciroppose promesse elettorali, i manager d’azienda in mantra motivazionali, gli psicologi in messaggi rassicuranti. Sulle bacheche dei social in particolare fioriscono gli aforismi di Alda Merini, Oscar Wilde, Charles Bukowski, Pier Paolo Pasolini, Nietzsche e Osho. Tuttavia non sempre le citazioni sono corrette, per cui può accadere di imbattersi in false attribuzioni. Ma il pubblico della rete pare poco incline a cogliere questi aspetti filologici.

Ma qual è il senso dell’aforisma? il suo significato più profondo? Forse con un aforisma possiamo coltivare l’improbo impari e per certi aspetti sacrilego sogno o forse sonno della ragione di racchiudere il senso dell’esistenza, di insaccare il cosmo in una formula, combinazione di parole che sempre intessono un rapporto misterioso con le cose, ma se un aforisma di tal fatta che sveli il senso dell’esistenza in fondo è impossibile da concepire, almeno per dirla con Cioran potremmo provare a “concepire un solo e unico pensiero ma che mandasse in frantumi l’universo”. 

Aforismi d’autore 

Col mare tranquillo chiunque è pilota.

Seneca, Epistole 

Spesso mi sono stupito di come ciascuno, pur amando se stesso più di ogni altra cosa, tenga in minor conto l’opinione che ha di se stesso di quella degli altri.

Marco Aurelio, Pensieri 

Turbano l’uomo, non le cose, ma le opinioni delle cose.

Epitteto, Il Manuale 

Bisogna avere il caos dentro di sé per partorire una stella danzante.

Nietzsche 

Quando guardi a lungo nell’abisso, l’abisso ti guarda dentro.

Nietzsche 

La vita e i sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare. Schopenhauer 

Se è vero che con la morte si ridiventa quello che si era prima di essere, non sarebbe stato meglio limitarsi alla pura possibilità, e non uscirne? A che serve questa deviazione, quando si poteva rimanere per sempre in una pienezza irrealizzata?

Emil Cioran, L’inconveniente  di essere nati 

Gli italiani sono buoni a nulla ma capaci di tutto.

Leo Longanesi 

Dio, dammi un assegno della tua presenza.

Marcello Marchesi 

In Italia nulla è stabile fuorché il provvisorio.

Giuseppe Prezzolini 

Conversazione: gara nell’interrompersi a vicenda.

Pitigrilli 

Con nessuno riusciamo ad essere impudicamente bugiardi come con noi stessi.

Pitigrilli 

Stimo molto le persone che conosco. Per questo non cerco di conoscere nessuno.

Pitigrilli 

I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto. Gli altri fanno volume. Ennio Flaiano 

L’italiano ha un solo vero nemico: l’arbitro di calcio, perché emette un giudizio.

Ennio Flaiano

Marco Troisi

Redazione
Redazione
Giuseppe D’Alto: classe 1972, giornalista professionista dall’ottobre 2001. Ha iniziato, spinto dalla passione per lo sport, la gavetta con il quotidiano Cronache del Mezzogiorno dal 1995 e per oltre 20 anni è stato uno dei punti di riferimento del quotidiano salernitano che ha lasciato nel 2016.Nel mezzo tante collaborazioni con quotidiani e periodici nazionali e locali. Oltre il calcio e gli altri sport, ha seguito per diversi anni la cronaca giudiziaria e quella locale non disdegnando le vicende di spettacolo e tv.

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